Veto di muoni

Una tanica d’acqua rivestita di fotomoltiplicatori permette di sottrarre segnali indesiderati a esperimenti che cercano particelle sfuggenti.

Il veto di muoni è un apparato, di acqua ultra-pura, che circonda diversi rivelatori, come quello di materia oscura o quello di neutrini solari. Consente di eliminare le interferenze dovute ai muoni, particelle molto penetranti prodotte nell’atmosfera dai raggi cosmici. L’apparato sfrutta un fenomeno fisico che determina la comparsa di scie luminose al passaggio dei muoni. Le luci sono captate da fotomoltiplicatori e i segnali sono inviati al sistema di acquisizione dati per essere elaborati.

I raggi cosmici

I Raggi Cosmici sono particelle e nuclei atomici molto energetici provenienti dallo spazio che, muovendosi a velocità prossime a quella della luce, colpiscono continuamente la Terra da ogni direzione. La stragrande maggioranza (circa il 90%) dei raggi cosmici sono protoni, seguiti per abbondanza dai nuclei atomici (cioè atomi senza i loro elettroni) di elio (9%), e infine dai nuclei di elementi più pesanti (1%), dal ferro fino all’uranio. L’origine dei raggi cosmici è molto varia e ancora in parte misteriosa. La maggior parte di quelli che raggiungono la Terra, che sono poco energetici, provengono dal Sole. Quelli più energetici, invece, sono prodotti sia all’interno che al di fuori della nostra galassia da fenomeni come supernove – violente esplosioni che seguono il collasso di una stella – e quasar – nuclei galattici attivi estremamente luminosi e distanti da noi miliardi di anni luce. L’energia dei raggi cosmici può variare moltissimo, anche di quattordici ordini di grandezza (centomila miliardi di volte). Il più energetico raggio cosmico mai rivelato (soprannominato Oh My God particle – la particella Oh Mio Dio) aveva una energia pari a circa quaranta milioni di volte quella raggiunta dalle particelle del Large Hadron Collider, il più potente acceleratore di particelle (vedi la sezione Gli acceleratori circolari nella scheda Accelleratore tra le schede Astrofisica nucleare) mai costruito.La stragrande maggioranza dei raggi cosmici ha però energie molto inferiori. Quando i raggi cosmici, detti primari, arrivano nell’atmosfera terrestre, interagiscono con le molecole che la compongono, innescando reazioni a cascata che producono sciami di nuove particelle, detti raggi cosmici secondari (Fig. 1). Sono quest’ultimi quelli che raggiungono la superficie della Terra. Circa il 70% dei raggi cosmici secondari sono muoni, particelle cariche molto penetranti, ossia che attraversano grandi quantità di materiale senza interagire.

Fig.1 Rappresentazione grafica degli sciami di particelle (raggi cosmici secondari) prodotti dall'interazione tra i raggi cosmici primari e l'atmosfera terrestre. (Crediti: Wikimedia Commons)

Il veto di muoni

Sebbene interagiscano poco, i muoni rappresentano la fonte di disturbo primaria per gli esperimenti in cui si cerca di misurare processi estremamente rari, come le interazioni di neutrini o di materia oscura. Questo è il motivo principale per cui si costruiscono laboratori sotterranei per questo tipo di esperimenti: la roccia fa da schermo, assorbendo i muoni. I Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell’INFN, ad esempio, grazie ai 1400 metri di roccia che li sovrastano, sono raggiunti da un flusso di muoni attenuato di ben un milione di volte rispetto a quello in superficie. Ma questa grande attenuazione spesso non basta e c’è bisogno di aggiungere ulteriori schermi che assorbano o riconoscano il passaggio dei muoni rimanenti all’interno dei rivelatori. Il veto di muoni serve a questo scopo. Un veto di muoni è un apparato che circonda un rivelatore di particelle ed è solitamente costituito da una grande tanica riempita di acqua ultra-pura sulle cui pareti interne sono montati dei fotomoltiplicatori. L’effetto sfruttato nel veto di muoni è quello della radiazione Cherenkov. Questo fenomeno fisico prevede che quando una particella attraversa un mezzo a una velocità superiore a quella a cui viaggia la luce in quel mezzo, si produca un cono di luce (in rosso in Fig. 2) attorno alla direzione di moto della particella. L’analogia che viene tipicamente fatta è rappresentata da ciò che succede quando un aereo supera la velocità del suono nell’aria: in questo caso, le onde sonore viaggiano a velocità minore del corpo che le produce, e non potendosi propagare davanti a questo gli rimangono alle spalle, formando un cono (Fig. 2).

Fig.2 Schema della forma delle onde sonore prodotte da un aereo. Quando questo infrange la barriera del suono (Ma > 1) si genera un cono di onde sonore (in rosso). Il fenomeno della radiazione Cherenkov per le particelle è analogo. “Ma” sta per “Numero di Mach”, il numero che esprime il rapporto tra la velocità di un corpo in un fluido e la velocità del suono nello stesso fluido. (Crediti immagine: Wikimedia Commons)

Tornando alle particelle, è fondamentale fare una precisazione. La velocità della luce – come quella del suono, o di qualsiasi onda – varia a seconda del mezzo attraversato. La luce viaggia alla sua massima velocità nel vuoto, ed è questo il limite di velocità che, come ci insegna la relatività speciale di Einstein, non può essere superato mai e da nessuna particella. Ma particelle sufficientemente energetiche possono superare la velocità della luce in un mezzo, come ad esempio l’acqua. I muoni prodotti dai raggi cosmici hanno energia sufficiente per farlo, e quindi possono generare la radiazione Cherenkov. Dunque, un muone che attraversa la tanica genera un cono di luce nell’acqua. Questa luce è rivelata dai fotomoltiplicatori, strumenti in grado di captare anche singoli fotoni, che la trasformano in un segnale elettrico amplificato e misurabile. Il muone non è bloccato dall’acqua, ma prosegue la sua corsa e può accadere (con una probabilità di 1 muone su 100 che entrano nel veto di muoni) che attraversi anche il rilevatore dell’esperimento, dove genera un segnale. In ogni caso quando un muone attraversa l’acqua o i materiali circostanti può generare una cascata di particelle che entrano nel rivelatore. Se questo accade sarà presente un segnale nel rivelatore dovuto a queste particelle e uno nel veto, dovuto al passaggio del muone. La coincidenza temporale dei due segnali, nel veto di muoni e nel rivelatore, permette di scartare questi eventi. In alcuni esperimenti di fisica delle particelle è importante ricostruire la traiettoria del muone, mentre in altri può bastare sapere se un muone sia passato o meno. In questo caso le pareti interne della tanica non sono interamente ricoperte di fotomoltiplicatori, ma sono rivestite di un materiale perfettamente riflettente, che permette ai fotoni di rimbalzare al suo interno fino a quando non sono captati dai fotomoltiplicatori; se invece conoscere la direzione del muone è importante, i fotomoltiplicatori sono disposti uniformemente sulle pareti della tanica e dalla distribuzione di quelli che vengono colpiti dalla luce Cherenkov si risale alla traiettoria della particella incidente.

La vita media del muone

Il muone è una particella instabile, ossia che decade producendo altre particelle. La vita media del muone – il tempo medio che passa prima che decada – è di soli 2,2 microsecondi (1 microsecondo equivale a 1 milionesimo di secondo). Se assumessimo che un muone viaggi praticamente alla velocità della luce nel vuoto (circa 300.000 chilometri al secondo), una semplice moltiplicazione ci direbbe che la distanza che percorrerebbe prima di decadere sarebbe di poco più di 600 metri. Ma se hanno origine nell’atmosfera, a ben più di dieci chilometri di altitudine, come è possibile che possano raggiungere e anche oltrepassare la superficie terrestre? È possibile a causa dell’effetto di dilatazione del tempo previsto dalla relatività speciale di Einstein. Questa teoria ci dice che il tempo scorre in maniera diversa in sistemi di riferimento che viaggiano a velocità diverse. Se ipoteticamente viaggiassimo a fianco del muone, nel suo sistema di riferimento, per noi sarebbe fermo e lo vedremmo decadere (in media) dopo 2,2 microsecondi; ma poiché il muone viaggia rispetto a noi a una velocità prossima a quella della luce, la sua vita rispetto a noi che la osserviamo si dilata di una precisa quantità calcolabile attraverso le equazioni della relatività speciale. Maggiore la velocità, maggiore la dilatazione temporale. In questo modo, dal nostro punto di vista i muoni hanno tutto il tempo di percorrere la distanza che separa l’atmosfera dalla superficie terrestre. Cambiando prospettiva, abbiamo detto che se ci mettessimo a viaggiare a fianco del muone lo vedremmo decadere nel breve tempo previsto: in questo caso il tempo rimane lo stesso. Ma Einstein ci ha insegnato che tempo e spazio sono strettamente legati, quando uno si dilata, l’altro si contrae, e viceversa. Dal punto di vista del muone sono quindi le distanze a contrarsi, ma il risultato rimane lo stesso.

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