Materia oscura

Conosciamo circa il 15% della materia presente nell’Universo, il restante 85% è materia oscura di cui sappiamo pochissimo.

La materia oscura è un ipotetico tipo di materia diversa da quella ordinaria, come protoni, neutroni ed elettroni. Per studiarla si può usare uno scintillatore, un elemento che emette deboli luci al passaggio di particelle. Lo scintillatore deve essere ultra-puro per ridurre al minimo il “rumore” di fondo dovuto ad altre particelle e cogliere le rare interazioni con la materia oscura.

Cos’è la materia oscura?

La materia oscura è un ipotetico tipo di materia diversa da quella ordinaria, formata da protoni, neutroni ed elettroni. Non sappiamo esattamente da cosa sia composta, ma sappiamo che è molto abbondante: secondo l’attuale modello standard della cosmologia – il modello che meglio descrive l’Universo –, circa l’85% della materia che compone la massa dell’Universo è oscura. Oscura perché a differenza della materia ordinaria non emette e non interagisce con le onde elettromagnetiche, ad esempio la luce: a tutti gli effetti, non la vediamo. Ciò non significa però che non lasci alcuna traccia. Un gran numero di osservazioni astronomiche concordano nel segnalare la sua presenza, perché si misurano degli effetti dovuti alla forza di gravità anche in regioni di spazio in cui non si vede una massa sufficiente per generarli. Ad esempio, le galassie spirali non potrebbero ruotare con la velocità che registriamo (Fig. 1) e le velocità del moto delle stelle all’interno delle galassie ellittiche non potrebbero essere quella che osserviamo, se non ci fosse una componente aggiuntiva molto consistente di massa, data da qualcosa che non vediamo e che non fa parte della materia ordinaria. Questa massa aggiuntiva fa anche sì che gli ammassi di galassie possano rimanere uniti senza disperdersi e provoca dei fenomeni di lensing gravitazionale (ovvero l'effetto dell'attrazione esercitata su un fascio di luce da parte di una qualsiasi distribuzione di massa nell'universo) in regioni dello spazio apparentemente troppo leggere. L’esistenza della materia oscura inoltre spiega bene alcune caratteristiche del fondo cosmico di radiazione, una radiazione elettromagnetica che permea l’Universo e che è un residuo del Big Bang.

Fig.1 Il grafico rappresenta qualitativamente l’andamento della velocità di rotazione delle stelle di una galassia spirale. Questa velocità si può calcolare usando la terza legge di Keplero, che prevede che all’aumentare della distanza delle stelle dal centro della galassia, la loro velocità debba diminuire (curva A). Ciò che invece osserviamo è che le velocità rimangono più o meno costanti (curva B). Questo fenomeno si può spiegare ammettendo che ci sia più massa di quella che vediamo all’interno della galassia.

Nonostante i diversi indizi dell’esistenza della materia oscura non si è riusciti finora ad osservarla all’interno di un esperimento. Se si riuscisse a farlo si potrebbe comprenderne la natura, che al momento ci sfugge, ampliando notevolmente le attuali conoscenze in fisica delle particelle e in cosmologia. Molti modelli teorici concordano sul fatto che la materia oscura sia composta da una qualche particella subatomica che interagisce con la materia ordinaria solo (o almeno in modo preponderante) attraverso la forza gravitazionale. Tra le varie particelle candidate, quelle attualmente più accreditate sono chiamate WIMP (Weakly Interacting Massive Particle, cioè particelle massive debolmente interagenti). Una WIMP sarebbe un nuovo tipo di particella elementare che non rientra nel modello standard, la teoria che descrive le quattro forze fondamentali (elettromagnetica, gravitazionale, nucleare forte e nucleare debole) e tutte le particelle a esse collegate.

La materia oscura ai LNGS

Si ritiene che l’eventuale interazione tra materia oscura e materia ordinaria sia così debole da rendere necessari rivelatori con sensibilità elevatissime per osservarla. Un elemento chiave per raggiungere le sensibilità desiderate è quello di sopprimere al massimo tutte le fonti che possono disturbare le misure. Una delle principali è data dai raggi cosmici, un flusso continuo di particelle e nuclei atomici che raggiungono la Terra (vedi “Veto di muoni” tra le schede della “Materia oscura”). Presso i Laboratori Nazionali del Gran Sasso (LNGS) dell’INFN i raggi cosmici sono invece attenuati di ben un milione di volte, grazie ai 1400 metri di roccia che sovrastano le gallerie sperimentali, rendendoli il luogo ideale per condurre ricerca nel campo della materia oscura. Ai LNGS sono attualmente (ottobre 2018) attivi sei esperimenti in quest’ambito: DAMA, SABRE, COSINUS, CRESST, DARKSIDE e XENON1T. Con essi si cercano prove della presenza della materia oscura all’interno dell’alone galattico, una regione di spazio che circonda le galassie spirali come la nostra Via Lattea. Negli esperimenti DAMA e SABRE lo si fa sfruttando il fatto che la velocità della Terra rispetto all’alone galattico varia durante l’anno, quindi varia anche la quantità di particelle di materia oscura a cui dovrebbe andare incontro durante il suo moto di rivoluzione intorno al Sole. I rivelatori di questi esperimenti dovrebbero perciò osservare un numero di interazioni che varia con un andamento annuale. COSINUS ha l’obiettivo di studiare la materia oscura utilizzando come bersaglio lo stesso materiale di DAMA/LIBRA, ma cambiando la tecnica di rivelazione. Questa tecnica, utilizzata anche da CRESST, si basa su un calorimetro, un rivelatore costituito da cristalli in cui si può identificare il passaggio di particelle di materia oscura, misurando allo stesso tempo l’energia che queste rilasciano. DARKSIDE e XENON1T impiegano uno strumento ancora diverso, chiamato camera a proiezione temporale, descritto di seguito più in dettaglio.

L’esperimento XENON1T

Si tratta, ad oggi, dell’esperimento più sensibile al mondo per la rivelazione di interazioni tra WIMP e materia ordinaria. Il suo apparato è formato da un gigantesco contenitore metallico cilindrico (Fig. 2) riempito di acqua ultra pura, che serve per schermare il rivelatore posto al suo centro dalle radiazioni ambientali. Il cuore del rivelatore di XENON1T è una camera a proiezione temporale (CPT) cilindrica, di circa un metro di altezza e un metro di diametro. Vediamo meglio come funziona.

Fig.2 L'apparato sperimentale dell'esperimento XENON1T. A sinistra la grande tanica al cui centro è posta la camera a proiezione temporale, visibile sul cartellone. A destra della tanica i tre piani che costituiscono il laboratorio (Crediti immagine: XENON Collaboration)

La CPT è riempita quasi interamente da circa tre tonnellate di xenon (indicato con Xe sulla tavola periodica) liquido, mantenuto a -95 °C, racchiuso tra due pareti parallele elettrificate che generano un campo elettrico verticale e costante all’interno del liquido. Lo xenon funziona da scintillatore, ossia può emettere scintille di luce in seguito al passaggio di determinate particelle, quando esse colpiscono i nuclei dei suoi atomi. Se ciò avviene, queste deboli scintille vengono immediatamente captate da strumenti sensibilissimi, detti fotomoltiplicatori. Ve ne sono complessivamente 248, pronti a trasformare la luce che vedono in un segnale elettrico dal quale si può stimare l’energia scambiata nell’urto che ha prodotto la scintilla. Nella CPT si genera anche un altro segnale dovuto alla ionizzazione dell’atomo colpito: gli elettroni sono strappati al nucleo e poiché è presente un campo elettrico verticale sono trasportati verso l’alto, fino a uno strato di xenon allo stato gassoso (Fig. 3). Qui il campo elettrico è più forte e gli elettroni sono accelerati generando una cascata di scintille (il secondo segnale) che viene registrata dai fotomoltiplicatori. Tutto ciò permette di ricostruire la posizione in cui è avvenuta l’interazione. Sul piano orizzontale si ricava dalla distribuzione dei fotomoltiplicatori che hanno captato i segnali. Sul piano verticale si può stimare dalla velocità con cui gli elettroni ionizzati (strappati al nucleo) si muovono nel liquido, che è nota, e dal ritardo tra il primo e il secondo segnale, che si misura. Conoscere questa posizione è importante, perché solo le interazioni che avvengono nella parte più interna dello scintillatore non vengono scartate: uno scrupolo dovuto al fatto che le (pochissime) radiazioni prodotte dalle pareti del rivelatore stesso possono generare dei falsi segnali. Questo sistema a due segnali permette anche di distinguere un’interazione dovuta a una WIMP da una provocata da altre particelle e altri urti, ad esempio fotoni che impattano su elettroni. In questo caso si considera il rapporto tra le intensità dei due segnali, non il loro ritardo (Fig. 3).

Fig.3 A sinistra, lo schema di ciò che avviene all'interno della CPT: una particella colpisce un nucleo di xenon liquido (Liquid Xe) provocando la scintilla S1 (direct S1) e ionizzando alcuni elettroni (e₋) del nucleo; il campo elettrico (Drift Field) causa la deriva di elettroni verso lo xenon gassoso (Gas Xe); gli elettroni provocano la seconda scintilla S2 (proportional S2), proporzionale al numero di elettroni strappati dal nucleo nell’interazione iniziale. I fotomoltiplicatori che captano i segnali sono raffigurati da quadrati gialli (PMT Array). A destra, l’esemplificazione della differenza tra i segnali attribuibili a una WIMP (Nuclear Recoil (WIMP)) e ad altre particelle (Electronic Recoil (γ,β)): l’ampiezza del segnale S2 permette di discriminare la natura dell’interazione avvenuta.

Se la CPT è dunque il luogo dove vengono rivelate le interazioni, la grande tanica di acqua ultra pura in cui essa è posizionata ha lo scopo di assorbire gran parte della radiazione ambientale. Funziona inoltre come veto di muoni, che sono particelle indesiderate originate dall’interazione tra i raggi cosmici e l’atmosfera: serve a riconoscerne il passaggio e a sottrarre i segnali relativi. La riduzione delle possibili fonti di disturbo si ottiene anche attraverso la selezione di tutti i materiali che compongono l’apparato, il cui livello di contaminazione intrinseca da elementi radioattivi deve essere il più basso possibile. Per le stesse ragioni, lo xenon è sottoposto a una periodica e complessa procedura di purificazione dai suoi contaminanti radioattivi principali, il radon e il kripton (vedi provetta tra le schede Materia oscura). Si può dire con certezza che l’apparato di XENON1T è uno dei luoghi meno radioattivi al mondo!

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