Doppio decadimento beta

Il doppio decadimento beta senza emissione di neutrini non è mai stato osservato.

Osservare un doppio decadimento beta senza emissione di neutrini potrebbe aiutarci a capire la natura del neutrino stesso. Per tentare di rivelare questo processo si usano cristalli purissimi e si elimina accuratamente ogni contaminazione radioattiva.

Il doppio decadimento beta senza emissione di neutrini

Questo tipo di decadimento al momento è solo un’ipotesi, perché non è mai stato osservato. Il doppio decadimento beta (con emissione di neutrini) è stato invece individuato, per quanto solo all’interno di una dozzina di particolari isotopi radioattivi e in rarissimi casi. Un decadimento beta è un processo che può avvenire in due modi, detti “diretto” e “inverso”. In un decadimento beta diretto un neutrone all’interno di un nucleo si trasforma in un protone, emettendo un elettrone e un antineutrino. Un decadimento di tipo inverso, invece, può avvenire quando un neutrino proveniente da una altra sorgente, ad esempio il sole, collide, cioè si scontra, con un neutrone di un nucleo e viene assorbito, trasformando così il neutrone in protone e provocando l’emissione di un elettrone (Fig. 1). Il doppio decadimento beta con l’emissione di neutrini consiste, come dice la parola, nel decadimento “simultaneo” di due neutroni dello stesso nucleo. Nel doppio decadimento beta senza emissione di neutrini, invece, i 2 neutrini non vengono emessi. Questo processo avviene se l’antineutrino emesso in un decadimento diretto viene istantaneamente assorbito da un altro neutrone del nucleo, provocando un decadimento inverso (Fig. 1).

Ma… non si era detto che il decadimento inverso è provocato da un neutrino? Il punto è proprio qui: se osservassimo un decadimento doppio beta senza neutrini vorrebbe dire che neutrino e antineutrino si comportano allo stesso modo e che quindi sono a tutti gli effetti due manifestazioni della stessa particella! Una particella che è anche antiparticella di sé stessa viene chiamata particella di Majorana, dal nome del fisico italiano Ettore Majorana, che negli anni ‘30 del secolo scorso ne ipotizzò l’esistenza.

Ma perché è importante cercare di scoprire se il neutrino è una particella di Majorana o no? Perché potrebbe aiutarci a risolvere uno degli enigmi più misteriosi della fisica moderna: capire come mai nell’Universo c’è molta più materia che antimateria. Infatti, per il modello standard – l’attuale teoria che descrive le forze fondamentali e tutte le particelle note – materia e antimateria hanno proprietà opposte ma equivalenti e non c’è (apparentemente) ragione per cui al momento del Big Bang non si siano create in quantità uguali. Se così è stato, però, si arriva a un paradosso: l’Universo sarebbe dovuto scomparire istantaneamente, poiché quando materia e antimateria entrano in contatto si annichilano – svaniscono cioè in un lampo di energia. Il modello standard, di nuovo, prevede che tutte le particelle conosciute si comportino o come materia o come antimateria; ma il neutrino ha le caratteristiche giuste per essere speciale: se scoprissimo in un esperimento che neutrino e antineutrino sono manifestazioni di un’unica particella, ciò potrebbe aver determinato subito dopo il Big Bang la prevalenza che osserviamo della materia sull’antimateria. Oltre a rispondere a questo fondamentale quesito, rivelare un doppio beta senza emissione di neutrini consentirebbe di determinare la massa del neutrino, ad oggi sconosciuta, un’altra proprietà che ci aiuterebbe a estendere le nostre conoscenze oltre il modello standard.

Fig.1 Il decadimento beta diretto (semplice, nell'immagine) trasforma un neutrone (n) in un protone (p), emettendo un elettrone (e) e un antineutrino (). Nel decadimento beta inverso un neutrino (ν) collide con un neutrone (n) producendo un protone (p) e un elettrone (e). Nel decadimento doppio beta senza neutrini un neutrone (n) subisce un decadimento semplice trasformandosi in protone (p) ed emettendo un elettrone (e) e un antineutrino (; se antineutrino e neutrino coincidono (=ν) può essere generato un decadimento inverso e si producono un altro protone (p) e un altro elettrone (e) (Crediti immagine: Asimmetrie.it).

La caccia al neutrino di Majorana – l’esperimento CUORE

Si stima che il doppio beta senza emissione di neutrini dovrebbe (se effettivamente esiste) occorrere in un dato nucleo al massimo una volta in 100 settilioni (1 seguito da 26 zeri) di anni! Per poter osservare fenomeni di tale rarità è fondamentale progettare esperimenti che amplifichino al massimo la possibilità che si verifichi un evento, e che non siano disturbati da fonti di “rumore” che confondono le misure. Per questo si utilizzano grandi masse di cristalli (Fig.2), poiché se si aumenta il numero di atomi presenti aumenta anche la probabilità che uno di questi decada. Gli esperimenti inoltre sono collocati dove il rumore è naturalmente più basso: i 1400 metri di roccia che sovrastano i Laboratori Nazionali del Gran Sasso (LNGS) dell’INFN, ad esempio, riducono di ben un milione di volte il disturbo dato dai raggi cosmici.

Ai LNGS sono in corso (ottobre 2018) quattro esperimenti in questo ambito di ricerca: COBRA, CUPID, GERDA e CUORE. L’apparato dell’esperimento CUORE è il rivelatore bolometrico più grande che sia mai stato costruito. Bolometrico significa che opera a temperature criogeniche, ossia bassissime. Il motivo è che la strategia di CUORE per catturare un doppio beta senza emissione di neutrini è quella di misurare infinitesime variazioni di temperatura. Il nucleo del rivelatore di CUORE è costituito da 19 torri in cui sono disposti in tutto 988 cristalli contenenti il tellurio-130, un isotopo che mostra il decadimento doppio beta “normale” in cui ci si aspetta possa avvenire il decadimento senza neutrini (Fig. 2). Ogni cristallo è un cubetto di cinque centimetri di lato e il peso complessivo supera i 740 kg. Un’interazione tra particelle nel cristallo o un decadimento di un nucleo di tellurio comporta un minimo rilascio di energia che alza impercettibilmente la temperatura del cristallo. Questo aumento di temperatura è convertito in un segnale elettrico attraverso dei sensibilissimi termistori, componenti elettrici che cambiano la propria resistenza al variare della temperatura. Poiché l’energia rilasciata dal doppio beta senza emissione di neutrini è calcolabile e definita, dalla variazione di temperatura registrata si riesce a discriminare se sia avvenuto un decadimento o qualche altro evento. Per il doppio beta senza emissione di neutrini, l’aumento previsto è dell’ordine di decimi di millikelvin (mK), una variazione mille volte più piccola di quelle misurate dai normali termometri commerciali: si può dire infatti che CUORE sia un gigantesco termometro, sicuramente tra i più sensibili al mondo!

Fig. 2 Alcune torri di cristalli contenenti il tellurio-130 durante una fase di montaggio dell’esperimento CUORE (Crediti immagine: Jury Sorovov).

Affinché variazioni di temperatura così piccole siano misurabili, i cristalli devono essere tenuti a temperature estremamente basse. Le colonne sono quindi raffreddate da una combinazione di refrigeratori meccanici e di un refrigeratore a diluzione di elio a doppia fase che permettono di mantenere al loro interno una temperatura di soli 10 millikelvin (dieci millesimi di grado sopra lo zero assoluto). Il tutto è alloggiato dentro un enorme criostato composto da schermi cilindrici concentrici, ognuno dei quali raffreddato a temperature sempre più base andando dall’esterno verso l’interno (Fig. 3). La sofisticatezza di questo apparato è testimoniata dal record raggiunto: al suo interno si trova il metro cubo più freddo dell’Universo!

Ma il freddo non basta. Come per tutti gli esperimenti condotti ai LNGS, per poter identificare gli eventi cercati nei rivelatori c’è bisogno di abbattere le fonti di disturbo: i raggi cosmici, le radiazioni ambientali e le radiazioni sprigionate dai materiali stessi del rivelatore. Le prime sono soppresse grazie a tre schermature di piombo, due interne al criostato e una mastodontica da 80 tonnellate che ricopre l’apparato; una particolarità che rende questo esperimento unico è che lo strato più interno è di piombo romano, recuperato da una nave romana affondata oltre 2000 anni fa, che garantisce una bassissima radioattività intrinseca. Ma anche gli altri materiali, i cristalli stessi e quelli con cui i cristalli sono a contatto, devono essere eccezionalmente radio-puri. Per questo tutte le fasi di costruzione del rivelatore, dalla pulizia dei materiali fino all’assemblaggio delle torri, sono sottoposte a una rigida procedura per ridurre al minimo l’esposizione all’aria e il contatto con altre possibili fonti di radiazioni. Anche solo la radioattività naturale del nostro corpo può contaminare irrimediabilmente il rivelatore: per questo le sue parti interne non si possono toccare a mani nude, ma devono essere maneggiate all’interno di apposite glove box (Fig. 4). Il grande freddo e la grande purezza saranno mantenuti per cinque anni, tempo in cui – se il neutrino è una particella di Majorana – ci si aspetta di osservare qualche decina di doppi decadimenti beta senza emissione di neutrini.

Fig. 3 Sezione del criostato di CUORE. La struttura a cilindri concentrici permette di passare gradualmente dalla temperatura ambiente (300 K) ai 10 mK raggiunti nella parte più interna. Sulla destra della figura sono indicati, dall'alto verso il basso: lo schermo di piombo superiore; lo schermo di piombo laterale; le torri del rivelatore; lo schermo di piombo inferiore.

Fig. 4 Una torre di cristalli trattata all'interno di una glove box (Crediti immagine: Yury Suvorov)

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